Testo di Francesca Fabbri Fellini – Foto di Graziano Villa
Gianluca Marchetti, è nato a Rimini, il 3 agosto 1971 sotto il segno del Leone, incarna la forza, il carisma e la determinazione di chi guida con passione e non teme di osare.
Figlio di Terenzio Marchetti, ha raccolto il testimone dell’azienda di famiglia, M.T. S.r.l. nel 2016, portandola a diventare un’eccellenza internazionale nella meccanica di precisione.
Con oltre 15.000 modelli di portautensili esportati nel mondo, una produzione interamente Made in Italy, 2 filiali in Giappone e un team di 130 dipendenti, M.T. si posiziona oggi al quarto posto nel mondo nella produzione di accessori motorizzati nel settore della metalmeccanica.
Gianluca non si è fermato all’industria metalmeccanica: ha investito nella robotica con il primo Robot Umanoide, Robee, nella moda con lo stilista Mirco Giovannini, nell’ospitalità con il progetto Condhotel Murex , proprietario e main sponsor della squadra di pallavolo A1 Femminile di San Giovanni in Marignano, coniugando spirito imprenditoriale e passione per il territorio.
E’ l’artefice della Fondazione Marchetti che è nata per formare giovani e professionisti, creando un ponte concreto tra scuola e lavoro, con percorsi specializzati nei settori del turismo, dell’ospitalità, dell’innovazione e della tecnologia.
Al suo fianco c’è Fabiana, sua compagna di vita, che osserva con orgoglio e complicità la sua instancabile curiosità.
Insieme hanno tre figli: Alice, Sofia ed Enea. La prima, Alice, e l’ultimo, Enea, lavorano con lui in azienda, portando avanti un’eredità che è prima di tutto visione condivisa.

MT-Vista-esterna
D: Gianluca, lei ha iniziato giovanissimo in azienda. Osservava il suo babbo già da quando aveva nove anni. Il primo libretto del lavoro è stato a tredici anni e otto mesi, quindi a breve sarà in pensione. Cosa ha imparato che ancora oggi le è utile?
R: Mio padre mi ha trasmesso valori fondamentali, primo fra tutti il rispetto per le persone. Mi ha insegnato non solo il mestiere, ma anche come gestire rapporti umani e professionali.
La passione per la meccanica è nata da bambino: a nove anni ero già in azienda, e a 13 ho iniziato a lavorare con lui. Con il suo supporto, a 24 anni ero già socio al 50%. Gestivo la produzione, facevo turni notturni, dove programmavo le macchine e impostavo le spedizioni per il giorno seguente. Era un impegno totale, ma anche una scuola di vita. Mio padre è stato il mio punto di riferimento fino alla fine. A breve come dice lei, potrei andare in pensione “teorica”.
D: Se oggi potesse parlare al Gianluca ventenne, quello del turno di notte, cosa gli direbbe?
R: Che doveva cambiare lavoro!
Francesca, le racconto un po’ della mia famiglia. Mia Nonna paterna era una sarta e mio nonno ha passato tanti anni in marina, anche sui sommergibili ad Ancona, e poi è diventato pescatore. Viviamo a Cattolica, sul mare, e mio padre, da giovane, non aveva potuto studiare molto perché all’epoca non c’erano le superiori. Così ha iniziato a lavorare in piccole aziende meccaniche, perché gli piaceva l’idea di poter creare oggetti meccanici. A 22 anni ha deciso di mettersi in proprio. Ha chiesto aiuto ai miei Nonni, ma non potevano aiutarlo, quindi si è indebitato per 350 mila lire. Mio nonno gli aveva suggerito di prendere un pezzo di spiaggia, una scelta più tranquilla, ma mio padre voleva costruire qualcosa di suo.
Ripensandoci, forse quella spiaggia avrebbe portato a una vita più serena, ma senza tutte le soddisfazioni avute fino a oggi. Detto questo, oggi ho tante soddisfazioni. Lavoro con impegno, sono abituato e non mi pesa, ma ogni tanto penso che fare qualcosa di più rilassante non sarebbe male.

MT-Vista-interna
D: C’è stato un momento in cui ha pensato di mollare tutto? Cosa l’ha fatta invece ad andare avanti?
R: Mollare tutto? Mai. Ho sempre avuto l’insegnamento di guardare avanti con positività. Affronto le difficoltà con equilibrio, vedendo il bicchiere sempre mezzo pieno e mai mezzo vuoto: questo mi aiuta a non fermarmi mai.
Oggi il mercato è complicato. Come piccola realtà, è dura confrontarsi con colossi come Cina, India o Corea. A livello economico siamo svantaggiati, anche se sulla qualità e sul servizio abbiamo ancora qualcosa da dire.
Esportare è difficile, ma affrontiamo tutto con una certa serenità. Crediamo nella forza del nostro servizio e nella qualità che gli altri non offrono. Questo ci permette di continuare, anche se il cammino oggi è più lento.
D: Lei ha raccolto il testimone dell’azienda nel 2016 quando suo Padre è scomparso. Cosa ha significato per lei quel passaggio non solo sul piano professionale ma anche umano?
R: La perdita di mio Padre è stato il momento più difficile della mia vita. È successo mentre ero in viaggio, ed è stato un colpo durissimo, anche se sapevamo che stava male. Lui mi ha insegnato tanto: io seguivo la produzione e i rapporti con i clienti e fornitori, lui gestiva il commerciale, l’amministrazione e l’ufficio tecnico. Ci confrontavamo ogni giorno.
Quando è mancato, ho dovuto prendere in mano tutto, anche le aree dove non ero preparato, come l’amministrazione. Ancora oggi ho delle lacune, ma ho costruito un team solido con professionisti che mi affiancano. Mi aiutano, anche se certe cose fatico a farle mie.
D: Cosa le ha lasciato suo padre, come uomo? E cosa spera di lasciare lei ai suoi figli?
R: Come dicevo, Francesca, per me il rispetto verso chi ci sta vicino è fondamentale. Molte delle attività che ho avviato sono nate proprio con l’obiettivo di aiutare gli altri, più che per interesse personale. È un valore che spero di trasmettere ai miei Figli: quello di sostenere il prossimo e, allo stesso tempo, imparare a farsi aiutare da chi ci è accanto.
D: Lei ha tre figli, due lavorano con lei. Che tipo di padre è stato? Più severo o più presente?
R: Più severo. Sono in azienda da quando avevo 19 anni. Dopo le superiori ho fatto il militare nei paracadutisti, perché se dovevo farlo, volevo farlo sul serio. Finito il servizio, ho iniziato subito a lavorare e da lì non mi sono più fermato.
Facevo turni massacranti, anche di notte, e questo ha inevitabilmente tolto tempo alla famiglia. Devo molto a mia moglie Fabiana, che ha tenuto in piedi tutto mentre io ero spesso assente. Il ruolo severo, quello che imponeva le regole, spettava a me, come succede in tante famiglie.

MT-Vista-interna
D: C’è un momento in cui ha capito che i suoi figli volevano davvero seguirla in azienda? Come ha vissuto quella scelta?
R: Sinceramente no. Non ho mai spinto i miei Figli a seguirmi in azienda, anche se dentro di me lo speravo. Ho sempre voluto che scegliessero liberamente. L’unico errore forse è stato consigliare a mia figlia maggiore Alice, una scuola superiore come un perito turistico che non era adatta a lei. Io pensavo di mandarla poi all’ufficio estero. Ha sofferto molto in quel percorso, ma alla fine ha scelto di entrare in azienda per starmi vicino. Oggi lavora in officina, nella parte produttiva, si occupa del montaggio, del magazzino e delle spedizioni, con grande impegno e spirito pratico. Poi a lei adesso gli ho già dato in gestione un paio di situazioni, perché ho anche altre aziende, mi aiuta a seguire un ‘azienda che vende luce e gas, quindi lei segue il rapporto con il mio socio di questa azienda qui e in più per l ‘azienda sta seguendo la parte del welfare aziendale assieme all’amministrazione, quindi viene coinvolta sempre di più.
D: C’è qualcosa che ha imparato da loro, che l’ha sorpresa o che l’ha fatta riflettere?
R: I miei tre figli hanno personalità molto diverse. Alice, la maggiore, ha un carattere forte e deciso, persino più del mio in certi aspetti, è del Toro, e si vede. Il più piccolo, che ha 20 anni, è più impulsivo, ma ha una capacità che io non avevo alla loro età: le cose gli scivolano addosso, non si fa travolgere. Anche Alice ha questa leggerezza nel gestire le difficoltà, mentre io dovevo elaborarle a lungo prima di superarle.
Sofia ha scelto un percorso diverso e studia medicina.
D: Lei dice spesso che la macchina deve essere subordinata all’uomo in che modo questa filosofia si riflette nella sua gestione aziendale Gianluca?
R: Per me viene prima di tutto la persona. In azienda rispetto profondamente chi lavora con me, soprattutto i giovani. Le automazioni che ho introdotto servono a supportarli, non a sostituirli. Credo nel valore umano: se loro crescono, cresce anche l’azienda. Le macchine svolgono i compiti più ripetitivi, così i miei operatori, preparati e competenti, possono concentrarsi su ciò che conta davvero

M.T.-Portautensili-montati-sulla-torretta-di-un-tornio
D: Quindi non visualizza nel futuro un M.T. a luce spenta?
R: Assolutamente no. L’M.T. a luce spenta è quasi impossibile perché come azienda metalmeccanica non facciamo lavori ripetitivi quindi sarebbe impossibile. Tuttavia, vedo un futuro di un’azienda sempre più automatizzata, anche per far fronte alla difficoltà di trovare personale. L’obiettivo è avere collaboratori sempre più qualificati, con stipendi adeguati, perché la crescita tecnologica deve portare benefici anche alle persone

M.T.-Gianluca-Marchetti-e-Robee-©GrazianoVilla
D: Nel 2023 lei ha investito in Robee, un robot umanoide. Cosa l’ha spinta a fare un investimento così coraggioso?
R: Robee è il primo robot umanoide al mondo capace di lavorare fianco a fianco con le persone. Due anni fa non esistevano macchine con questo livello di sicurezza. I robot che vediamo nei video su YouTube non interagiscono con l’uomo, Robee sì.
Avendo già esperienza con robot statici, ho scelto Robee dopo averlo visto in una fiera: si muove autonomamente, carica e scarica pezzi, comunica con la macchina e la ferma se qualcosa non va. È un supporto concreto per gli operatori, con un ottimo rapporto qualità-prezzo.
D: Come ha reagito il suo team all’arrivo di Robee? Ha notato un cambiamento nel modo di lavorare?
R: I miei ragazzi sanno che sono un po’ estremo: quando c’è una novità, mi piace portarla subito in azienda. Con Robee, il robot umanoide, li ho preparati sei mesi prima. Quando è arrivato, inizialmente c’era indifferenza, poi tutti volevano farsi un selfie con lui.
Robee non è stato operativo subito, volutamente. Se avesse iniziato a lavorare dal primo giorno, avrebbe destabilizzato la mentalità del team. C’è voluto più di un anno per integrarlo e farlo funzionare a regime. Ora tutti hanno capito che la tecnologia richiede tempo, ma soprattutto che può davvero essere un supporto concreto nel lavoro quotidiano.

M.T.- Robee – ©GrazianoVilla
D: Come si immagina la sua M.T. tra cinque anni ?
R: Tra cinque anni mi vedo al vertice mondiale del mio settore. L’obiettivo è espandere la produzione anche all’estero, attraverso acquisizioni mirate.
Punteremo su personale sempre più specializzato, anche se la difficoltà nel reperirlo ci spinge ad automatizzare sempre di più. I principali competitor sono tre grandi aziende tedesche, nate vent’anni prima di noi. Il mercato è affollato, con 30-40 produttori nel mondo, ma il vero gigante è la Cina, che per ora non ha ancora conquistato l’estero, e meno male, altrimenti sarebbe difficile resistere
D: Oltre all’industria metalmeccanica, lei investe anche nella moda con lo stilista Mirco Giovannini Atelier Folleria. Cosa la affascina di questo settore così diverso dal suo ?
R: L’azienda mi è sembrata subito molto particolare, diversa da tutte le altre in cui ho investito e ne ho avviate circa 28, molte nate per aiutare persone in difficoltà.
L’incontro con Mirko è nato per caso, in una cantina tra amici, poco prima della pandemia. Mi aveva presentato un progetto interessante e, nonostante le difficoltà del periodo, abbiamo continuato a vederci “di straforo”. Da lì è nata un’idea che porto avanti ancora oggi : creare un atelier come negli anni ’80, dove lo stilista lavora a stretto contatto con il cliente, realizzando capi su misura. Mirco è un talento straordinario, ma come tutti i creativi ha un carattere complesso, e gestire la parte economica e organizzativa accanto alla sua visione artistica non è sempre semplice. Quello che ci lega è una grande stima reciproca. Stiamo per trasferire a fine settembre i suoi macchinari da M.T. in una nuova sede dedicata all’Atelier Folleria MG. Non è stato facile avviare questo settore, pensavo che il mondo della moda fosse più semplice, ma è una sfida affascinante che mi ha permesso anche di aiutare una famiglia in difficoltà e dare nuova vita a un progetto speciale.

M.T.- Mirco Giovannini – Gianluca Marchetti e Robee – ©GrazianoVilla
D: Complimenti sinceri: avviare 28 aziende per aiutare chi è in difficoltà è un gesto raro, che unisce visione, cuore e coraggio. Un esempio di imprenditoria che fa davvero la differenza.
Francesca deve sapere che finché c’era mio Padre Terenzio, mi sono dedicato esclusivamente all’azienda di famiglia. Quando l’ho rilevata, i primi sei mesi sono stati durissimi: oltre al dolore personale, ho dovuto rassicurare i rivenditori in tutto il mondo che l’azienda non avrebbe chiuso, nonostante le voci contrarie. Dopo un anno e mezzo, l’ho raddoppiata, portando avanti l’idea che avevamo costruito insieme con mio Padre. In quel periodo, ho aiutato un caro amico di famiglia che stava perdendo la sua azienda metalmeccanica a causa della crisi del 2008. Ho investito nel suo capitale senza chiedere interessi, e con il supporto del mio team di consulenti, siamo riusciti a risollevarlo. Dopo tre anni mi ha restituito il denaro, e io gli ho ridato indietro le quote azionarie e l’azienda così è tornata sua. Quell’esperienza mi ha fatto capire quanto sia importante usare le proprie risorse per aiutare gli altri. Da lì è nata anche l’idea di investire con un amico che aveva un progetto particolare in testa nel settore luce e gas e voleva fare qualcosa di suo nella vita: oggi abbiamo 30.000 contatti, un’azienda che fattura 25/28 milioni di euro di fatturato all’anno e questo in quattro anni.
D: A Cattolica ha acquistato dai proprietari, l’Hotel Murex, un hotel abbandonato oramai da anni, ed ha intenzione di demolirlo per costruire un Condhotel, il primo a Cattolica.
R: Il nostro progetto Condhotel è il primo a Cattolica. È una legge complessa, che molti comuni evitano, e infatti il nostro progetto sta procedendo un po’ lentamente in quanto ci sono leggi e procedure da valutare con molta attenzione.
L’obiettivo è riqualificare una zona degradata, trasformando una struttura obsoleta in un modello innovativo: il 40% sarà venduto, il restante 60% destinato all’accoglienza. È una soluzione ideale per superare i limiti degli alberghi piccoli e fatiscenti di Cattolica, che oggi faticano a sostenersi sotto le 100 camere. Il Condhotel offre tutti i servizi di un residence, ma con maggiore flessibilità. Stiamo puntando a realizzare una struttura all’avanguardia, anche dal punto di vista tecnico, con l’installazione di dissipatori di energia simili a quelli usati in Giappone per resistere a scosse sismiche fino a magnitudo 7.5
D: In un mondo che corre veloce, come si coltiva il tempo per sé, per la famiglia, per le relazioni?
R: Il lavoro domina la mia vita, è parte della mia mentalità e faccio fatica a staccare, anche nei weekend. Ho la fortuna di avere mia Moglie Fabiana al mio fianco, anche se a volte sbuffa. Lei gestisce un vivaio, che abbiamo rilevato perché un’amica era in difficoltà nella gestione.
Il vivaio lo abbiamo rilevato da una famiglia storica di San Giovanni, i Vanni. La figlia, rimasta sola nella conduzione, non riusciva a gestire tutto quello che c’era da fare per l’azienda. Le abbiamo proposto di restare a collaborare con noi, e oggi, con il suo impegno e quello di mia moglie, il vivaio è rinato: ha triplicato i visitatori e organizza oltre 30 matrimoni all’anno. Lei che prima vendeva solo fiori, oggi gestisce anche tutta la parte degli eventi. Per mia moglie e per me, ridare stimolo e passione a chi ha un’attività è la soddisfazione più grande.
D: Qual è il valore che non hai mai negoziato nella tua vita, né in azienda, né nella vita privata?
R: Il rispetto degli altri verso di me, è fondamentale. Se c’è serietà, sono disposto a tutto. Ma quando viene meno, non riesco a mediare: vedo le cose in bianco o nero, e per me finisce lì.
D: Se dovessi dare un consiglio a un giovane che sogna di diventare imprenditore, quale sarebbe il primo passo da fare secondo lei?
R: Studiare e appassionarsi a tutto è fondamentale. Non basta concentrarsi solo sul proprio mestiere, che sia tornitore, imbianchino o barista, bisogna guardarsi intorno. Le competenze trasversali arricchiscono il lavoro. Con tutte le attività che ho avviato, ognuna ha portato valore anche alla mia azienda M.T.
D: L’uomo Gianluca Marchetti in tre aggettivi: come si descriverebbe?
R: Instancabile, appassionato, visionario.
Francesca Fabbri Fellini & Graziano Villa – BIO
Francesca e Graziano: due “Life Travellers”, due esploratori instancabili in viaggio continuo alla ricerca della Bellezza e della Bontà nel mondo. Raccontano ciò che incontrano — persone, luoghi, natura — con uno sguardo curioso e incantato, guidati dalla meraviglia e da quella parte infantile che custodiscono gelosamente dentro di sé.
🎤 Francesca mette a frutto la sua lunga esperienza da giornalista nei principali network radio-televisivi, trasformandola in una sorta di “bastone da rabdomante” capace di intercettare con sensibilità storie, volti e tematiche che meritano di essere raccontati. Le sue interviste si concretizzano in testi e video straordinari — così dicono di lei — capaci di emozionare e far riflettere.
📸 Graziano, con decenni di esperienza nella fotografia professionale — ritratto, reportage, still life, moda — cattura l’anima dei personaggi e dei contesti con immagini evocative, poetiche e potenti. Ogni scatto è il riflesso della passione con cui interpreta il mondo.
✨ Insieme, formano un duo vibrante e complementare, sempre alla ricerca di storie che sappiano dare emozioni.

Graziano Villa e Francesca Fabbri Fellini – ©GrazianoVilla – Timbavati National Park – Southafrica
Scrivi un commento