A Jesi in Mostra “I (non) Luoghi di Luigi Ghirri

di Anna Amendolagine

Foto di Maxime Godard, Luigi Ghirri a Formigine, 1987 – Foto © Sandro Lucentini

Memoria e meraviglia, curiosità e scoperta. Sono questi i quattro sostantivi, tutti al femminile, che meglio descrivono l’approccio alla fotografia di Luigi Ghirri (1943-1992). Maestro indiscusso della fotografia italiana contemporanea di cui si celebra quest’anno il trentennale dalla sua morte.

Per questa occasione la Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, con il patrocinio della Regione Marcheha promosso la mostra intitolata Luigi Ghirri (non) luoghi”. A cura di Massimo Minini, lesposizione è stata allestita nella sede rinascimentale di Palazzo Bisaccioni e sarà visitabile fino al 4 settembre 2022.

L’OSSERVAZIONE DEL MONDO

Il progetto espositivo, ideato da Roberta Angalone, è contenuto ma illuminante. Perché si prefigge come obiettivo quello di svelare ai visitatori il modo in cui Ghirri entra in rapporto con le cose, ponendo l’attenzione sulla sua intima necessità di fotografare.

Luigi Ghirri, Emilia Romagna, 1988, serie Paesaggio Italiano – Stampa cromogenica da negativo, 5.5 x 7 cm, Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri

Il percorso espositivo inizia pertanto con una sezione introduttiva, dedicata alla vita e al racconto del suo avvicinamento all’obiettivo fotografico. Attraverso l’osservazione del mondo che cambia nel giro di pochi e vertiginosi decenni. Dal clima del dopo guerra a quello del boom economico e al conseguente fermento culturale degli anni ’60. E per una personalità talmente curiosa e sensibile ai cambiamenti come quella di Luigi Ghirri, la fotografia diventa poco a poco un’amica preziosa. Il mezzo per guardare a fondo le cose, conoscerne l’origine e il divenire.

La mostra prosegue con le sezioni riservate ai luoghi, ai volti del tempo, ai non luoghi e all’arte. In fine ad Aldo Rossi (1931-1997) – architetto, storico e teorico dell’archittettura – con il quale Ghirri condivide l’interesse per la periferia, spazio che, a parere di entrambi, racchiude in sé la forza evocativa di storia e memoria.

DA DENTRO A FUORI

Topofilia, indeterminazione, meraviglia, non luoghi, tempo libero e margine. Sono le parole-chiave, sparse lungo tutto il percorso, che facilitano l’ accesso a quel particolare universo fotografato dal maestro. A tratti malinconico, incantato, sospeso e romantico. E’ l’universo che trapela dalle quaranta fotografie provenienti da collezioni private in esposizione.

Luigi Ghirri, Marina di Ravenna, 1972, serie Kodachrome, stampa cromogenica da negativo, 30 x 20 cm, Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri

Si tratta per lo più di immagini scattate dagli anni ‘70 ai ‘90. A colori, tenui e non saturi, di piccolo e piccolissimo formato, incorniciate sotto vetro. Da dentro a fuori, vanno considerate come un occhio aperto sul mondo attraverso lo strumento della fotocamera. Da dentro casa verso lesterno, da dentro se stessi verso ciò che sta fuori.

Nel corso della sua carriera Ghirri fotografa una quantità considerevole di soggetti differenti senza però identificarsi in alcun genere o stile. Perché, secondo lui, questa è una scelta rischiosa, una limitazione della libertà di espressione.

I (NON) LUOGHI

Occorre pertanto guardarle da vicino queste fotografie e aguzzare la vista e la memoria nel tentativo di cogliere appieno cosa vogliano significare i (non) luoghi segnalati nel titolo della mostra. Sebbene il termine sia ripreso dall’antropologo francese Marc Augè, che lo ha coniato nel suo famoso saggio del 1992, il concetto di non luogo in Ghirri però è leggermente diverso.

Luigi Ghirri, New York, 1989, serie Atlante metropolitano – Stampa cromogenica da negativo, 8×10 cm, Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri

Non si riferisce tanto a quei luoghi caratterizzati dal fatto di essere privi di identità, anonimi e di presentare la stessa tipologia di ambienti architettonici nei quali si collocano. Come gli aeroporti, gli autogrill, i centri commerciali e le stazioni. Che difatti non sono presenti nelle fotografie esposte e che, secondo la definizione suggerita nell’allestimento, sono:

Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti o dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane o come porta di accesso a un cambiamento reale o simbolico.

Piuttosto le fotografie di Ghirri sembrano riferirsi a quei luoghi vaghi nella loro indeterminatezza e privi di indicazioni precise. Capaci però di suscitare meraviglia, stupore perchè guardati senza il velo dell’abitudine. Oppure emozione perché associati a uno stato d’animo, un sentimento, un ricordo.

GEOGRAFIA SENTIMENTALE

Quello che interessa al maestro emiliano è più la percezione di un luogo che non la sua catalogazione o descrizione. Un viaggio nei luoghi senza tempo come se percorresse una geografia sentimentale. Sembra quasi che l’unico luogo possibile da fotografare sia per Ghirri quello del proprio spazio interiore. Lo spazio dello spirito.

Luigi Ghirri, Capri 1981, 1980 – 1985, serie Paesaggio Italiano
stampa cromogenica da negativo, 24 x 15 cm, Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri

E’ solo dalle didascalie delle foto che si capisce che si tratta di campagne o città, marine o spiagge preferibilmente dell’Emilia-Romagna, isole italiane come Capri o grandi metropoli come New York. In molti hanno definito il suo lavoro “il banale quotidiano”. A questo proposito, il curatore Massimo Minini, folgorato alsuo primo incontro dalla fotografia di Ghirri, ricorda :

Quelle sue immagini così semplici racchiudevano un pensiero forte, erano costruite e non casuali, erano cercate, volute, fondavano un pensiero e lo dimostravano, come un teorema poetico”.

UN TESTAMENTO IDEALE

Comunque sia lo spirito del Maestro aleggia sull’allestimento sobrio ed essenziale. Seduto e pronto a scattare dietro al suo obiettivo, Luigi Ghirri campeggia nella gigantografia in cui è ripreso da Maxime Godard a Formigine nel 1987.

Luigi Ghirri, Modena 1973, serie Kodachrome – Stampa cromogenica da negativo 19 x 28,5 cm, Collezione privata © Eredi Luigi Ghirri

Allo stesso tempo, col suo dolce accento emiliano, la sua voce riecheggia per le sale. La si sente in sottofondo mentre racconta del suo iter umano e professionale sul monitor che fa scorrere le sequenze video sperimentali girate da Luigi Ghirri nel 1991. Giusto un anno prima della sua morte. Un testamento ideale lasciato ai posteri.

BIO Pop di Anna Amendolagine

ANNA-AMENDOLAGINE  – © Sandro Lucentini

Curatore indipendente, critico e giornalista vive e lavora tra Roma e Rimini. Ama stare a contatto con la natura, andare in bicicletta e portare il cane a spasso. Colore preferito il verde. La sua squadra del cuore è quella che gioca col cuore. Pratica estensivamente sia lo Yoga che la Dolce Vita.

La sua attività curatoriale comprende l’ideazione e la realizzazione di mostre, testi e cataloghi d’arte, rassegne ed eventi culturali in collaborazione con Istituzioni pubbliche e private sia in Italia che all’estero. La sua è una dieta a base di pittura, scultura, fotografia, video, istallazioni, performance. Va matta per la street-art.

Membro della giuria o del Comitato Scientifico in diversi concorsi artistici.

Giornalista pubblicista e Addetto ufficio stampa ha pubblicato numerosi articoli di arte e cultura su riviste cartacee e online.

Tifa per l’Europa e ha ricoperto il ruolo di Coordinatore Tecnico Europeo per due importanti progetti culturali dell’Unione Europea : PETRA e LEONARDO.