Intervista di Francesca Fabbri Fellini

Il Giardino come Sogno e Memoria

Ho conosciuto Carlo Pagani l’estate scorsa a Petrella Guidi, borgo che è già di per sé un giardino-paesaggio naturale.

In quel luogo sospeso tra storia e poesia, lui ha piantato rose, trasformando la pietra e il silenzio in un teatro di fioriture.

Da quell’incontro nasce questo dialogo: un viaggio nel significato del giardino, tra memoria, cultura e sogno.


Intervista:

 Il giardino come concetto universale

D: Cosa significa, per te, la parola giardino? È un luogo fisico o uno stato dell’anima?

R: Dal punto di vista pratico è sicuramente un luogo fisico ma da quello emozionale è il vero luogo dell’anima, al suo interno i pensieri fanno le capriole, i sogni crescono bagnati dalla rugiada, l’ansia e la frenesia  lasciano lentamente lo spazio alla normalità, una casa di cura per pensieri lenti che crescono come in una serra perché avvolti dal calore e dalla luce.

D: Perché l’uomo, da sempre, sente il bisogno di creare giardini?

R: Perché sente il bisogno di avere la natura vicina. Piante, fiori, frutti, profumi rappresentano la bellezza autentica di cui l’uomo si nutre. Anche chi vive la città sente la necessità di avere accanto una pianta in casa, sul balcone, in ufficio… il bisogno di creare giardini è più semplicemente la necessità di creare luoghi di pazienza. Nei momenti in cui il mondo si presenta incattivito da fatti o da persone, la magia di un giardino ha la capacità di aprire il cuore e illuminarlo anche in quei momenti in cui tende a spegnersi la luce interiore. La bellezza della natura custodita in un giardino è ciò di cui abbisogna l’uomo, una medicina  che non danneggia il fegato ma che cura l’amarezza con l’incanto. Non ci sono controindicazioni da leggere nel bugiardino e il dosaggio è secondo le necessità! La farmacia della natura non ha orari, è sempre aperta ad ogni stagione ed è il vero motivo per cui l’uomo crea giardini per vivere meglio.

D: Il giardino è un rifugio privato o un bene collettivo?

R: Entrambe le cose, è sicuramente il rifugio privato, la famosa quinta camera dove puoi vivere tranquillamente 8-10 ore delle 24 che costituiscono la giornata. Nel rifugio privato c’è l’angolo nascosto dove ti fermi e leggi un libro o la zona stare dove ceni al lume di candela. Oltre il giardino segreto c’è l’angolo dei profumi dove si trovano come in un defilé di moda le rose antiche inebrianti e sontuose. Diventa un bene collettivo quando gli alberi, le piante e i profumi vanno oltre la recinzione o il perimetro. L’ossigeno prodotto dalle piante è di tutti, vanno oltre la siepe di confine. L’anidride carbonica che assorbono è quella che produciamo tutti, ed ecco che non è più il tuo giardino ma è collettivo. La bellezza appartiene a tutti. Detesto le siepi monospecie quelle formali sempreverdi che nascondono la bellezza ed impediscono agli occhi di beneficiarne. Preferisco le siepi miste costituite di essenze che donano fiori e grazia in una evoluzione di colori e profumi che cambiano da un giorno all’altro perché la bellezza è un nutrimento dell’anima, patrimonio di tutti.

D: Può un giardino essere considerato un’opera d’arte, al pari di un quadro o di una scultura?

R: Sicuramente si, il giardino è un’opera d’arte! Per la sua realizzazione serve la stessa creatività del pittore o dello scultore con la differenza che un dipinto una volta realizzato può essere conservato per centinaia e migliaia di anni, lo stesso per una scultura, mentre un giardino è una opera d’arte vivente, i colori, cambiano a seconda della stagione, le forme che le piante assumono sono sculture vive che la natura modella in accordo con il clima e, il giardiniere diventa figura imprescindibile nella realizzazione del giardino. La sua cura crea le sculture che cambiano con il passare degli anni, in pratica il giardino è un’opera d’arte vivente e il giardiniere un artista che attinge alla tavolozza della natura, ne cura la forma e l’incantesimo.

 Il giardino come memoria e cultura

D: Qual è il ruolo del giardino nella memoria di un popolo, nelle sue tradizioni e nei suoi miti?

R: Ogni giardino è rappresentativo della civiltà con cui ha vissuto e rappresenta la sua epoca. Dall’orto dei semplici dove i miti erano i frati, gli studiosi di medicina e botanici del 500, al giardino rinascimentale del 600 dove gli architetti esibivano scene mitologiche e sculture. Senza trascurare il giardino all’italiana dove la geometria era alla base del giardino. E ancora il giardino romantico, quello vittoriano dove trionfavano le mie amate erbacee perenni. Ogni epoca ha lasciato il suo modello di giardino a testimonianza della civiltà che l’ha vissuto.

D: Quale responsabilità abbiamo oggi, in un’epoca di crisi ambientale, nel custodire i giardini e la biodiversità?

R: La nostra nei confronti della crisi ambientale è una responsabilità storica poiché l’evoluzione del sistema di vita dell’uomo non si è mai spinta a tanto fino a mettere a rischio la stessa sopravvivenza del pianeta. Il giardino per l’assortimento varietale che lo compone è un contenitore di biodiversità, tanti giardini fanno tanta biodiversità ciò di cui serve alla natura. Se pur rappresentativo di una piccola parte del pianeta la biodiversità nel giardino è significativa di ciò che l’uomo può produrre o preservare per dare il proprio contributo al prosieguo della vita planetaria. La biodiversità: Il rammarico è che se ne parla tanto ma si fa   molto poco.

D: Qual è il giardino che più l’ha segnato nella vita, e perché?

R: Anche in questo caso sono stati diversi i giardini che ho realizzato in momenti diversi della mia lunga attività. I giardini che hanno lasciato il segno nella mia memoria sono due. Quello più vicino alla natura l’ho realizzato ad Orano in Algeria all’interno di una residenza della Presidenza della Repubblica, dove il vento e l’aridità condizionano la natura ma, da un vecchio pino d’Aleppo rovesciato dal vento semidistrutto gli ho ridato vita costruendogli attorno un giardino che pur nella sua sontuosità dovuta alla committenza ha sfidato le condizioni climatiche a dimostrazione che la natura ha messo a disposizione piante che si adattano anche ai luoghi più impervi, un trionfo dell’accordo tra la natura stessa e il giardiniere. In Italia ho realizzato un giardino in Toscana a Siena “la Bagnaia” un centro turistico alberghiero disposto in un antico borgo su 3.500 ettari.  Per la sua realizzazione mi sono serviti dieci anni. Dieci lunghissimi anni in cui ho parlato più alle piante che ai miei figli !

 Il giardino come sogno e metafora

D: Se il giardino fosse un sogno, quale fiore sarebbe il suo custode segreto?

R: Penso spesso ai giardini di frutti, ho sempre immaginato il fiore del melo il vero custode del segreto dell’Eden, lui sa veramente come sono andate le cose!

R: Quale pianta, secondo te, ha la capacità di raccontare meglio le storie degli uomini?

R: Non ho dubbi, sicuramente la rosa, accompagna la vita dell’uomo dalla nascita alla morte, ad una partoriente regalano un mazzo di rose. L’uomo ad ogni ricorrenza importante nella sua vita, la rosa la suggella con la sua presenza. Il matrimonio, il battesimo, la laurea, ad ogni momento importante si ricorre alla rosa come premio all’avvenimento. Non ci sono dalie o tulipani ma sempre rose, il primo fiore che si racconta apparso sulla terra. Tutti i poeti dell’universo hanno cantato la rosa in tutte le sue forme e profumi. Alla fine ella nostra esistenza terrena, sul feretro c’è ancora un mazzo di rose.

D: Se potesse camminare in un orto immaginario, dove ogni frutto nasconde un ricordo, quale sceglierebbe per primo?

R: Sicuramente il mio orto immaginario è l’Orto dei Frutti Dimenticati a Pennabilli che realizzai per Tonino Guerra. Immaginario perché era nei miei sogni allora e lo è tutt’ora benché realizzato. Era il sogno di entrambi mio e di Tonino, quell’orto doveva diventare un contenitore di poesia a ricordare i grandi personaggi dell’arte assieme ai grandi sapori della natura, testimonianze che dovevano reggere nel tempo. Al suo interno la poesia ha messo le radici, una minuscola scultura di bronzo ritrae due colombi che volano, alle 14 del pomeriggio la loro ombra riflette sul marmo dove appoggia e ne proietta l’immagine di Federico Fellini e Giulietta Masina che si baciano, poesia allo stato puro, una geniale invenzione di Tonino. Il mio sogno è che quell’orto continui ad ospitare la poesia e i grandi personaggi che la scrivono affinché diventino immortali come i sapori prodotti dalla natura.

D: Se le stagioni fossero personaggi di una fiaba, quale sarebbe il più malinconico e quale il più gioioso?

  • R: Se la primavera fosse rappresentata da Peter Pan il bambino che non voleva crescere, lui sarebbe il personaggio più gioioso. Se l’autunno fosse rappresentato da un personaggio malinconico sarebbe certamente l’Usignolo malinconico una fiaba che sottolinea ciò che manca oggi, l’importanza dell’ascolto.

D: Se il giardino fosse una metafora della vita, quale pianta rappresenterebbe la nascita e quale la fine?

R: Il giardino è come la vita, nasce, cresce, prospera, matura, invecchia, perché tutto riesca al meglio serva la cura come nella vita dell’uomo. La pianta che io ritengo rappresenti la nascita è la primula, la prima a fiorire anche sotto la neve, pur di attivare l’avvio della vegetazione e della crescita di un nuovo anno. Quella che rappresenta il canto del cigno è l’agave che nella sua vita può arrivare anche a quarant’anni, fiorisce una volta sola e lo fa prima di morire.

 Il giardino come esperienza sensoriale

D: Qual è il profumo che, chiudendo gli occhi, la riporta sempre a un luogo che non esiste più?

R: E’ il profumo del mosto in campagna, l’uva pigiata nel tino in cantina emanava profumo di vita, quei luoghi ora appartengono solo ai racconti. Se è il profumo di un fiore, mi riporta ad un luogo che non esiste più, quello è l’odore dei garofanini bianchi che facevano bordura nelle aiuole circoscritte da mattoni uno appoggiato all’altro. Era il giardino di mia madre una sartina di campagna che dedicava un’ora al giorno del suo tempo ai fiori e dove io a otto anni muovevo i primi passi tra le talee di rose.

D: Qual è il suono più “giardino” che conosce: il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, o il silenzio?

R: Il giardino è il teatro della natura, al suo interno si esibisce un’orchestra, la bellezza. Il fruscio delle foglie e canto degli uccelli sono i musicisti, non si è mai visto uno spettacolo teatrale fatto di silenzio! So bene che il silenzio porta alla meditazione ma io nutro la mia passione in compagnia dei miei colleghi che condividono la bellezza della natura con me, scoiattoli, uccelli, farfalle, e quando manca la loro presenza mi basta un filo di vento, quello che flette leggermente l’avena nei campi e so di essere in compagnia. Ritengo questi elementi una scuola di relazione non solo con la natura ma con le persone, anche quelle che possono apparire distanti.

D: Quale colore del cielo sente più vicino al cuore quando pensa alla natura?

R: Contrariamente al pensare più logico, il colore del cielo che preferisco è il plumbeo che annuncia la pioggia d’estate, perché disseta la natura assetata, germina i semi avviando a nuova vita, ristora dalla calura, fa riposare il giardino e lo rinfresca. Poi non dispero mai, so per certo che dopo la pioggia è sempre arrivato puntuale il sole e la vita riprende più rigogliosa di prima.


Conclusione

Il giardino, nelle parole del Maestro Giardiniere Carlo Pagani, diventa più di un luogo: è un ponte tra la terra e l’immaginazione, tra la memoria e il futuro.

È un invito a coltivare non solo piante, ma anche sogni, relazioni e responsabilità.

In fondo, ogni giardino è un atto d’amore verso la vita e verso ciò che resta invisibile agli occhi, ma palpabile nell’anima.


Federico e Giulietta Orto dei frutti dimenticati di Pennabilli

CARLO PAGANI, maestro giardiniere per antonomasia, ha fatto della sua passione la propria professione, cominciando a sette anni rubando talee di rose alle vicine di casa. Ha coltivato piante fino a diventare imprenditore nella costruzione di giardini in Italia e all’estero. Si è diplomato all’Istituto di Avviamento Professionale Agrario di Budrio.  Nel 1973 fonda l’azienda Flora 2000 introducendo per primo in Italia il collezionismo di rose antiche e frutti antichi.

Ha all’attivo centinaia di giardini realizzati in tutta l’Italia e nel Nord Africa. Pazientemente ha atteso il 2000 anno in cui suo figlio lo ha sostituito in azienda per potersi finalmente dedicare alla divulgazione. Afferma convinto che la sua vitalità gli deriva dall’essere nato dalle macerie del dopoguerra e aver fatto dei giochi da bambino il gioco professionale da grande.

Dal 2002 è stato autore e conduttore di numerose rubriche televisive in onda sui canali Rai, Sky, e altri canali televisivi. Da 23 anni è titolare di una rubrica fissa sulla rivista Gardenia. Ha realizzato diversi DVD sul giardinaggio distribuiti con i quotidiani La Stampa, Il Resto del Carlino e Il Giorno.

Ad oggi ha pubblicato 11 libri con editori Giunti, il Sole 24 Ore, Vallardi, Maggioli, Pendragon e Cairo.

A chi gli chiede se preferisce essere chiamato paesaggista, scrittore o giornalista risponde:

“… dopo 50 anni vissuti con le piante chiamatemi semplicemente maestro giardiniere…”.

Francesca Fabbri Fellini & Graziano Villa – BIO

Francesca e Graziano: due “Life Travellers”, due esploratori instancabili in viaggio continuo alla ricerca della Bellezza e della Bontà nel mondo. Raccontano ciò che incontrano — persone, luoghi, natura — con uno sguardo curioso e incantato, guidati dalla meraviglia e da quella parte infantile che custodiscono gelosamente dentro di sé.

🎤 Francesca mette a frutto la sua lunga esperienza da giornalista nei principali network radio-televisivi, trasformandola in una sorta di “bastone da rabdomante” capace di intercettare con sensibilità storie, volti e tematiche che meritano di essere raccontati. Le sue interviste si concretizzano in testi e video straordinari — così dicono di lei — capaci di emozionare e far riflettere.

📸 Graziano, con decenni di esperienza nella fotografia professionale — ritratto, reportage, still life, moda — cattura l’anima dei personaggi e dei contesti con immagini evocative, poetiche e potenti. Ogni scatto è il riflesso della passione con cui interpreta il mondo.

Insieme, formano un duo vibrante e complementare, sempre alla ricerca di storie che sappiano dare emozioni.

Graziano Villa e Francesca Fabbri Fellini – ©GrazianoVilla – Timbavati National Park – Southafrica