E non saprai mai se un ricordo è qualcosa che hai o che hai perso per sempre”

                                                                                                             Jean Luc Godard.

di Veronica Crescente

Certo è che il ricordo che conservo della visita allo Studio d’Orphée è qualcosa che è rimasto con me.

Fondazione Prada

Lo Studio d’Orphée è l’atelier di Jean-Luc Godard che è stato trasferito in modo permanente dal 4 dicembre 2019 da Rolle alla Fondazione Prada di Milano. Quest’ultima si caratterizza come un’istituzione culturale ospitata all’interno di un complesso architettonico di 19mila metri quadrati ricavato all’interno di una ex distilleria di inizio Novecento.

Si tratta dell’unico luogo in Italia nel quale è possibile guardare “Le Livre d’image”. Per questa pellicola il regista venne premiato dalla giuria del Festival di Cannes 2018 con la Special Palme d’Or. Sorge, però spontanea la domanda, perché non è possibile proiettare questo film al cinema?. La risposta è presto data e la si può trovare nelle parole rilasciate in un’intervista a Chaiers Du Cinema da parte di Nicole Brenez (collaboratrice di Godard).

Secondo il suo punto di vista, infatti, la sale cinematografiche non sarebbero sufficientemente equipaggiate per rendere al meglio l’insieme sonoro della pellicola. Stesso discorso per il colore. Risulta quindi evidente come, secondo Brenez, questi dettagli tecnici siano di non trascurabile importanza ai fini della resa al pubblico del prodotto cinematografico in questione.

PUNTO DI VISTA DI UNA VISITATRICE

L’esperienza in qualità di visitatore dello Studio d’Orphée è chiaramente soggettiva, come del resto accade in qualsiasi occasione di fruizione. Ad entrare in gioco sono da un lato la sensibilità del soggetto fruitore e l’importante e forse spesso trascurato ruolo del background (detta all’italiana il classico bagaglio di conoscenze che tutti noi possediamo) e, attenzione, a prescindere dai titoli di studio che rappresentano solo una parte della nostra conoscenza, il resto è dato dall’esperienza di vita.

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Personalmente ne sono rimasta molto affascinata. Del resto i luoghi, esattamente come le persone, emanano energia al di là del detto (e in questo caso del conosciuto) e quella tensione creativa che ha animato l’attività di Godard nel corso della sua carriera era palpabile all’interno dell’atelier Godard.

COME SI STRUTTURA

Esso si compone di due locali: un ingresso nel quale lo spettatore può muoversi liberamente osservando oggetti di vita quotidiana appartenuti al regista. Tra questi una racchetta da tennis, scarpe da tennis su una sdraio con altri indumenti. La stanza confinante conserva invece materiale prettamente tecnico ma anche libri, dipinti e quadri.

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A spiccare all’interno dell’ambiente è il Leone d’Oro al miglior film “Prenom Carmen”.

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Il visitatore viene volutamente messo nella condizione di fruire della pellicola nello spazio che è stato costruito secondo il volere di Godard, ma soprattutto dal suo punto di vista, secondo il quale: “La cultura è la regola; l’arte è l’eccezione”. E quest’arte per lui si concretizza nel cinema che “ Ha sempre creato ricordi mentre la tv crea l’oblio”. Ed è affacciandosi all’arte che Godard ha compreso di più la realtà: “Ora ho delle idee sulla realtà mentre quando ho cominciato avevo delle idee sul cinema. Prima vedevo la realtà attraverso il cinema e oggi vedo il cinema attraverso la realtà”.

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Ecco che, in queste parole, si sintetizza il fine che Fondazione Prada persegue fin dal 1993, anno della sua fondazione ad opera di Miuccia Prada e Patrizio Bertelli. Si tratta cioè dell’idea che la cultura debba essere anche utile per comprendere sempre più a fondo e sempre meno superficialmente la realtà che ci circonda. Godard, in questo caso, ci offre la settima arte come affaccio sul mondo: buttiamoci un occhio, il rischio è di guadagnarci in consapevolezza. Attenzione, si può inoltre rimanere stuzzicati da una visione delle cose non banale ma magari più in linea con ciò che è e non con ciò che sembra. Buon viaggio!

Veronica Crescente – BIO

Giornalista pubblicista, ha conseguito la laurea magistrale in Editoria e Giornalismo all’Università degli Studi di Verona discutendo la tesi “La donna nel cinema di Federico Fellini: musa tra sogno e realtà”. Attratta dalla parola scritta fin da quando sedeva sui banchi di scuola, considera foglio e penna dei formidabili compagni di viaggio. Non le piace fermarsi alla superficie, per questo ama cogliere l’essenza più vera delle persone e delle cose delle quali si circonda, convinta che non solo “la bellezza salverà il mondo” ma che anche la gentilezza disinteressata, la sana curiosità e un pizzico di Rock and Roll possano contribuire ampliamente alla causa.

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