Una Ballerina all’Inferno

di Veronica Crescente

Edith, questo il titolo del film scelto dalla produzione (ma che potrebbe variare), frutto di un progetto che ha visto in prima linea e come protagonisti i giovani.

La pellicola, girata all’interno del Teatro Comunale di Salò in fase di restyling, si compone di una sceneggiatura firmata dall’autore e storyteller bresciano  Emanuele Turelli mentre la regia è di Marco Zuin. Attori principali sono Marco Cortesi e  Mara Moschini interpreti, tra le altre cose, della serie di Infinity «The Green Storyteller». Con loro un corpo di ballo formato da quindici giovanissimi ballerini e ballerine del liceo coreutico Tito Livio di Milano avviati ad una carriera da professionisti. Al trucco e parrucco sei studenti dell’Ok School di Brescia.

Tale progetto è stato selezionato dal Ministero delle Politiche Giovanili nella persona del Ministro Fabiana Dadone, tra i migliori nell’ambito dell’alternanza scuola/lavoro.

Edith, in fondo, è una loro coetanea: aveva solo 16 anni quando venne deportata. Dopo la guerra, si sposò è si trasferì negli Usa dove ancora vive. Anche lei era una promettente ballerina in forza nella nazionale di ginnastica artistica quando le SS la deportarono insieme alla sua famiglia ad Auschwitz. La danza è l’unico appiglio al quale può aggrapparsi per rimanere viva.  Emblematico il momento in cui Josef Mengele, dopo aver spedito i genitori della giovane nella camera a gas, invita la ragazza a ballare per lui sulle note del valzer «Sul bel Danubio blu», in cambio della quale performance riceverà un pezzo di pane.

La pellicola, prodotta da Violet Moon in collaborazione con Ass.Moka, gode inoltre del patrocinio del Governo Polacco ed anche la Commissione Europea ha ritenuto il progetto meritevole di essere supportato.

– Marco Zuin (Regista)

Come descrive l’esperienza in qualità di regista di Edith?

“Siamo portati a valutare un film in sala, senza considerare il processo che l’ha generato. Da regista sono davvero orgoglioso del risultato e più ancora del processo con cui è stato realizzato: Edith è stato prima di tutto un percorso, un’esperienza che i giovanissimi ballerini e ballerine provenienti dal liceo coreutico Tito Livio” di Milano hanno vissuto sulla loro pelle.”.

Il film ha visto come unica location il teatro comunale di Salò. Perché questa scelta?

“Il film nasce con l’idea di coinvolgere più linguaggi: la narrazione, la danza e il cinema. Appena abbiamo visitato il Teatro Comunale di Salò, che durante le riprese era abbandonato da decenni, ci è sembrato subito il luogo perfetto per raccontare una storia del passato attraverso la presenza dei due narratori, gli attori Marco Cortesi e Mara Moschini e il corpo di ballo. Il reparto di fotografia ha creato diversi setup luci per dare la sensazione di essere in più luoghi e stagioni, grazie anche alle scenografie e ai costumi. Inoltre, realizzare il film all’interno di un’unica location, ci ha permesso di essere concentrati sulle riprese evitando spostamenti tra location diverse.”.

Quali sono state le difficoltà?

“Abbiamo girato a novembre dello scorso anno. Il teatro non aveva impianto di riscaldamento e, in quanto abbandonato, all’interno la temperatura era piuttosto rigida. Questo non ha certo facilitato la troupe e gli interpreti ma ha permesso di vivere in un’atmosfera tutt’altro che confortevole per essere più fedeli alla storia. Il corpo di ballo, seppur giovanissimo, è stato davvero professionale: durante le riprese non ho mai sentito un lamento.”.

Le scelte di regia contribuiscono a definire il messaggio che si intende inviare al pubblico fruitore. Quali sono state in questo caso e perché?

“Realizzare un film sulla Memoria dell’Olocausto è una sfida davvero delicata, che va affrontata con rigore: ho provato e scelto di raccontare senza spettacolarizzazione con il rispetto che un dramma del genere deve avere. La prima cosa che ho detto a tutti è che non siamo noi i protagonisti, è la storia. Per questo la macchina da presa mantiene una certa distanza da tutti gli interpreti, senza cercare la commozione a tutti i costi.”.

Come è stato lavorare con i ragazzi delle scuole?

“Coinvolgere le nuove generazioni è stata un’idea vincente di Emanuele Turelli, sceneggiatore e produttore del film. Anche per questo devo ringraziarlo: lavorare con i ragazzi delle scuole, con il loro entusiasmo e energia inesauribile, ha dato una forza inaspettata a tutta la troupe.”.

Quando uscirà?

“Spero molto presto, non vedo l’ora che inizi il confronto con il pubblico. Cercheremo di dare la maggiore diffusione possibile soprattutto tra i giovani, nelle scuole.”.

Che futuro immagina/spera per questa pellicola?

“Abbiamo voluto raccontare questa storia con un linguaggio fruibile anche da un pubblico di giovanissimi. C’è bisogno di coinvolgerli con un linguaggio che li catturi. La speranza è che qualcosa rimanga in loro dopo la visione, che diventi uno strumento di discussione e riflessione anche sul presente.”.

– Emanuele Turelli (Sceneggiatore)

Come e quando è nata l’idea di lavorare a questa sceneggiatura?

“L’idea nasce da una suggestione durante il primo lockdown, quando vidi mia figlia, aspirante ballerina, fare alcune lezioni di danza in “dad”. Era abituata a vivere a Milano, a molte ore di accademia e teatro al giorno e si ritrovò su un ballatoio, con una sbarra improvvisata e senza alcuna possibilità di interazione reale. Ebbi l’impressione che quella situazione rappresentasse una grande mortificazione per l’arte e per gli esseri umani. La vedevo come in una “gabbia”. Pensai a quando l’evoluzione imprevista della storia ruba l’arte alle persone e proprio quella fu la suggestione: la passione è talmente tenace che riesce in qualche modo a “salvare” le persone dalle situazioni negative. Pensai che se qualcuno riesce a fare la danza in “dad” quella passione deve proprio essere potente. Da lì ho provato a ricercare situazioni simili (con i dovuti distinguo) durante il periodo storico della seconda guerra mondiale, che amo da sempre raccontare e mi sono imbattuto nella storia di Edith: anche in quel caso la storia mortificò arte e esseri umani, ma la passione di quella ragazzina le permise di resistere e sopravvivere. Una storia troppo bella per non diventare una sceneggiatura.”.

Come è stato lavorarci?

“Sicuramente è stato appassionante, perché ad ogni pagina di ricerca scoprivo aneddoti incredibili. La storia di Edith è un film ancora prima di diventare una sceneggiatura. Non è stato difficile come per altre sceneggiature (teatrali) alle quali ho lavorato, proprio perché i picchi di attenzione, quelli di distensione, gli stand up… erano già tutti assolutamente presenti. Mi è piaciuto moltissimo anche l’aver inserito in sceneggiatura moltissime sollecitazioni che ricordavo dai tanti viaggi ad Auschwitz, dalle tante letture, dai tanti film visti… Direi che ne è venuto un mix interessante fra Storia e Storie”.

Quali sono gli ingredienti principali?

“Più che elementi cinematografici, mi piace dare valore agli elementi etici di questa sceneggiatura: la danza, che per antonomasia tutti noi consideriamo qualcosa di fluttuante, ideale… che diviene concreto strumento di resilienza di fronte al male più grande, la forza di una ragazzina che si aggrappa ogni giorno alla vita proprio grazie alla “sua” danza, la triste fine di milioni di persone che sta sullo sfondo al film, ma che in molti punti ne diventa protagonista. Se dovessi sintetizzare… Edith è un film che fa emergere forza, non tristezza. Non volevo scrivere l’ennesimo film sulla Shoah, sapendo che grandissimi capolavori hanno già magnificamente tracciato la brutalità di quei fatti, volevo scrivere un film che dimostrasse, attraverso una storia vera, che l’arte può vincere il male e che l’uomo, quando è guidato dalla passione, è in grado di sconfiggere anche il nemico più grande.”.

In che modo crede che la sceneggiatura di un film possa contribuire alla realizzazione della pellicola?

“Beh, credo sia la base. Ho sempre visto la sceneggiatura come un insieme di ingredienti da dare in mano a un regista per la trasposizione in arte cinematografica. In questo caso ad una sceneggiatura potente e incalzante, si è unita una regia splendida da parte di un grandissimo professionista come Marco Zuin. Una regia che definirei “lirica” e quasi “poetica” capace di mixare narrazione, recitazione, danza all’interno della stessa pellicola. Era forte il rischio di realizzare un ottimo prodotto, ma semplicemente filmando uno spettacolo teatrale, invece, grazie alla regia di Zuin e alle intuizioni del direttore della fotografia Lorenzo Pezzano, siamo riusciti a fare un film vero e proprio. Vorrei complimentarmi con Zuin per una regia esemplare e una lirica di racconto incredibilmente poetica. Senza questa sua sensibilità artistica e umana, non ci troveremmo oggi di fronte a una progetto così valido. Se poi si pensa che 15 dei 18 personaggi in scena non erano (e ancora non sono) professionisti… non possiamo che essere orgogliosi di questo lavoro.”.

– Viola Turelli (Protagonista – Liceo Coreutico Milano)

La danza, esattamente come per Edith, è al centro della vita di Viola (17 anni) fin da quando era bambina. All’età di cinque anni si divertiva davanti alla Tv a muoversi a tempo di musica tanto da convincere la madre ad iscriverla ad un corso. La piccola Viola puntava alla danza moderna ma, data la giovanissima età, ha dovuto iniziare con il classico. Da allora non ha più smesso.

Avevi mai preso parte ad un set cinematografico?

“No, per me si è trattato della prima volta. Ho trovato molto interessante lavorare in questo settore e mi piacerebbe continuare provando altre esperienze simili”.”

Con quali emozioni hai vestito i panni di Edith?

“In lei mi sono ritrovata, anche per me la danza è stata appiglio nei momenti più difficili. Ecco perché le emozioni più forti che ho percepito dentro di me nell’interpretare questo personaggio sono state la rabbia per le ingiustizie subite ma anche la gioia nel danzare.”.

Quanto difficile è stato tradurre in danza, in movimento corporeo, qualcosa di non tangibile come le emozioni?

“Quando si balla si porta in scena un’espressività diversa rispetto a quando si recita. In questo caso ho provato ad entrare a fondo nella figura di Edith finendo poi per sentirmi parte di lei. All’inizio ho trovato qualche difficoltà: il mondo della danza e del cinema usano linguaggi e tempi diversi pertanto ho dovuto imparare a comprendere quali fossero le richieste avanzate da parte del regista. Una volta trovato il nostro equilibrio è stato tutto davvero bellissimo.”.

– Viola Venturini (Ok School Academy Brescia)

Che esperienza è stata?

“L’esperienza sul set è stata fantastica, abbiamo avuto tutti, sia noi dell’Ok School, sia i ragazzi del Tito Livio, occasione di prendere parte a questo meraviglioso progetto come professionisti e non solo come studenti. Abbiamo avuto modo di sperimentare a pieno la vita del set, come ci si comporta, i tempi, le richieste e un grande dialogo anche con il regista e la troupe, per capire al meglio la loro visione.”.

Hai già avuto modo di lavorare su un set cinematografico?

“Ho avuto altre esperienze in passato su dei set, ma nessuno così importante e con così tante persone coinvolte. Si è trattato di una prima volta per me e per tutte le mie compagne e colleghe, una nuova esperienza al 100%.”.

In che modo hai messo in campo le tue competenze?

“Ho messo in campo le mie competenze per quanto riguarda il make-up e l’acconciatura, che con grande aiuto delle due professoresse che ci hanno supportato sul set, Francesca Mamone e Stefania Mossali, sono stati realizzati da tutte noi. Abbiamo realizzato make-up e acconciature in stile anni ’40 (quando gli attori si trovavano in scene rappresentanti la loro vita civile), poi anche durante la deportazione, quindi andando a “rovinare” le acconciature posate e precise realizzate precedentemente, e infine anche make-up più “vissuti” come creazione di lividi e ferite, per il terribile periodo nel campo dì concentramento Da non dimenticare, inoltre, i narratori che abbiamo truccato e pettinato in modo ordinato ma che comunque ricordasse lo stile anni ‘40. Grazie alle nostre insegnanti prima abbiamo anche studiato approfonditamente il periodo, analizzando gli stili e le tecniche per realizzare il tutto.”.

Cosa sogni per il tuo futuro?

“Per il mio futuro ho idee molto precise, infatti vorrei diventare una truccatrice cinematografica nel ramo degli effetti speciali. L’anno prossimo dovrei trasferirmi a Roma per frequentare un’accademia di Make-up Effetti Speciali. Mi ha sempre affascinata tantissimo, e il poter lavorare in questo ambiente quotidianamente, e non solo per le due settimane trascorse a Salò, per me sarebbe un vero sogno.”.

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“EDITH – Una Ballerina all’inferno”

Realtà e finzione cinematografica si incontrano su di un terreno neutro e assolutamente fertile, quello del sogno più puro e vero che appartiene alle nuove generazioni. Da un lato i giovani attori protagonisti provenienti dal Liceo Coreutico Tito Livio di Milano e dall’ Ok School di Brescia che portano con sé il desiderio di realizzarsi professionalmente nei settori a cui attengono i loro percorsi formativi e, dall’ altra parte dello schermo, il sogno di una danzatrice loro coetanea la quale, grazie a quella stessa sana ambizione, riuscirà a sopravvivere alle tenebre dei campi di sterminio.

Sono questi gli ingredienti di qualità e sapientemente dosati all’interno della pellicola “Edith, una ballerina all’ inferno” presentata in anteprima internazionale al Giffoni Film Festival lo scorso 23 luglio. Una grande emozione quella provata da parte di tutto il cast. Prodotto da Violet Moon, la sceneggiatura è firmata da Emanuele Turelli, con la regia di Marco Zuin e la partecipazione di Marco Cortesi e Mara Moschini. La colonna sonora è di Daniele Gozzetti. Tratto da una storia vera, il progetto narra le vicende di Edith Eva Eger, psicologa, ballerina, ebrea ungherese, sopravvissuta ai lager nazisti. Edith, una ballerina all’inferno ha ricevuto il Giffoni Impact Award 2022 al termine della prima mondiale del 23 luglio scorso.

Il regista Marco Zuin

Come è stato presentare la pellicola al Giffoni Film festival?

Sorprendente è l’impatto con il Giffoni. Sorprende per la programmazione, per l’attenzione agli ospiti ma soprattutto per come sono capaci di coinvolgere il loro pubblico. È un Festival per i giovani e con i giovani.”.

Il feedback ricevuto da parte del pubblico è stato più o meno di quanto vi immaginavate?

A fine proiezione, dopo tre lunghi applausi, sono arrivate domande davvero profonde e competenti da parte del pubblico perché era previsto un Q&A. Questo testimonia che il film ha colpito ma soprattutto che il pubblico, fatto da giovani “coltivati” dal Festival, è molto preparato, che non si limita a dire “mi piace o non mi piace” ma ha le competenze per fare dei ragionamenti sui temi e su come, tecnicamente, viene realizzato un film.”.

L’aspetto del film che, secondo voi, ha maggiormente colpito il pubblico?

La danza ha sicuramento colpito molto il pubblico del Festival. Ci sono cose che possono essere raccontate a parole, rese intense dalla recitazione. Quello che le parole non possono esprimere fino in fondo si è cercato di farlo con il linguaggio corporeo, con le coreografie. Questa modalità è stata intuita da subito come naturale da parte del pubblico che ha molto apprezzato la commistione di stili espressivi.”.

Dal Teatro Comunale di Salò in costruzione, location sede delle riprese, al Giffoni Film Festival: verso quale altro traguardo è lanciata la pellicola?

Spero possa incontrare quanto più pubblico possibile. E che dalla visione del film possa nascere un motivo di riflessione che faccia “vivere” il film anche usciti dalla sala cinematografica.”.

Emanuele Turelli /sceneggiatore) e Viola Turelli ( interprete di Edith)

Un aggettivo per descrivere questa esperienza al Giffoni Film Festival?

Sceneggiatore: “Incredibile, dal punto di vista dell’accoglienza, fino all’impatto che il film ha avuto sul pubblico.”.

Attrice: “Entusiasmante, ci siamo sentiti molto valorizzati e ci siamo emozionati molto.”.

Come ha accolto Il pubblico la pellicola?

Sceneggiatore: “Ad essere sincero, mi aspettavo che questo film potesse avere un impatto molto potente sul pubblico, ma tre slot di applausi al termine della prima mi hanno realmente commosso. Avevamo di fronte un pubblico qualificato, ragazzi con una coscienza formata e con competenze notevoli, essere piaciuti a loro è un grande successo. Questo film portava in sala una commistione di linguaggi artistici azzardata ed era possibile che potesse destabilizzare il pubblico, invece gli spettatori sono rimasti piacevolmente colpiti da questa scelta.”. 

Attrice: ” È stato veramente bello per noi giovanissimi all’interno del cast. Ci siamo trovati di fronte a nostri coetanei che hanno avuto la possibilità di valutare il nostro lavoro. Abbiamo ricevuto bellissimi attestati di riconoscenza, è come se in quella sala non ci fossero ballerini e pubblico, ma tantissimi ragazzi insieme per lanciare un messaggio grande e potente: il rispetto dei diritti umani e l’universalità dell’uomo attraverso il cinema. Una bellissima esperienza per me e per i miei compagni e amici del corpo di ballo che erano a Giffoni: Samuele, Elia, Ilaria e Erica… Sono certa che lo sarà anche per tutti gli altri negli eventi di proiezione che ci saranno in futuro.”. 

I risultati ottenuti vi hanno gratificato?

Sceneggiatore: “Il nostro film era “fuori concorso” in una sezione, la Impact, dedicata alle proposte un po’ particolari, quindi non ci saremmo mai aspettati di ricevere il Giffoni Impact Award 2022. Non abbiamo vinto un festival, ma questo è un “award” ovvero un riconoscimento alla qualità del lavoro che abbiamo portato all’interno del Festival. Poi… quando ti trovi in mano una statuetta con scritto “award” pensi al lungo percorso che è stato fatto per ottenerla e ti senti orgoglioso sia della formula che del risultato. Oggi viviamo una profonda crisi nel mondo cinematografico, con le sale sempre più vuote… ecco, io credo che questo riconoscimento sia stato assegnato per la filosofia che ha generato questo film: non raccontare meramente una storia, ma raccontare una storia in grado di cambiare un po’ il mondo e le coscienze.”. 

Attrice: ” É stato come essere in una favola: il blu carpet, i giornalisti, i fotografi… e poi questo riconoscimento! Io e i miei compagni lavoriamo da quando siamo bambini per raggiungere il nostro sogno di ballerini, avere un riconoscimento da un festival così importante è una tappa che nel nostro percorso di crescita avrà sempre un grande valore! Però siamo tutti studenti e ancora “aspiranti” ballerini, quindi è in primo luogo una motivazione in più per migliorare, continuare il nostro percorso di crescita con impegno e serietà e mettere ancora più passione nel nostro ambito, augurandoci che a questo riconoscimento ne possano seguire altri in futuro.”.  

Qual è stato, secondo voi, l’ingrediente che è risultato vincente?

Sceneggiatore: “Per la mia mansione nel film, io credo che ad avere colpito maggiormente il pubblico sia stata la “potenza” della storia che raccontiamo: è una storia di resilienza grazie all’arte. È una storia che erge la danza a elemento di sopravvivenza in uno dei contesti più bui del secolo scorso, se non addirittura dell’intera storia umana. Confrontarsi con il dramma e il dolore di milioni di persone non è mai semplice, ma credo che il pubblico abbia apprezzato la nostra delicatezza, il nostro rispetto, la nostra lirica di racconto.”. 

Attrice: “Nell’emozione del momento ho percepito che il mix di linguaggi espressivi è stato un elemento che ha profondamente stupito il pubblico. E questo è emerso anche dalle domande. La danza è divenuta recitazione, la narrazione meravigliosa di Marco e Mara, la regia perfetta di Marco… il pubblico è rimasto stupito di fronte ad un equilibrio di linguaggi di questo genere. Inoltre credo che abbia stupito anche la composizione del cast: noi studenti accanto a professionisti… una bellissima sfida e una splendida esperienza.”.

Cosa vi aspettate in futuro per questa pellicola?

Sceneggiatore: ” È una pellicola che si presta ad ogni tipo di distribuzione, ma che certamente si rivolge a un target in crescita. Lo scopo del film non è solo mostrare un bel lavoro artistico, ma è fare Memoria. Sale, eventi, piattaforme, visioni in chiaro… stiamo ragionando su scenari distributivi molto interessanti e avvincenti.”.

Attrice: “Io spero che lo vedano più ragazzi possibile. In questa esperienza ci siamo sentiti testimoni viventi di un dramma e vorremmo esserlo nei confronti dei nostri coetanei. Sappiamo che lanciamo un messaggio importante, universale. Ma proprio per questo ci auguriamo che tantissime scuole mostrino questo film: in questo modo saremo stati testimoni attivi della Memoria.”. 

Veronica Crescente – BIO

Giornalista pubblicista, ha conseguito la laurea magistrale in Editoria e Giornalismo all’Università degli Studi di Verona discutendo la tesi “La donna nel cinema di Federico Fellini: musa tra sogno e realtà”. Attratta dalla parola scritta fin da quando sedeva sui banchi di scuola, considera foglio e penna dei formidabili compagni di viaggio. Non le piace fermarsi alla superficie, per questo ama cogliere l’essenza più vera delle persone e delle cose delle quali si circonda, convinta che non solo “la bellezza salverà il mondo” ma che anche la gentilezza disinteressata, la sana curiosità e un pizzico di Rock and Roll possano contribuire ampliamente alla causa.