E’ un film che splende invecchiando

di Davide Brullo

Pare cretino meravigliarsi del genio di Stanley Kubrick: “Arancia meccanica” è un film che splende invecchiando. Mostrato per la prima volta a New York, il 19 dicembre del 1971, il film ha per tema la libertà dell’individuo – anche di scegliere il male, casuale, preda del caos – in contrasto con la potenza coercitiva dello Stato. È un film morale, dunque senza risposte, senza intenti edificanti, vivaddio. Formalmente, è un film impeccabile, divenuto moda. L’omaggio a Kubrick, in verità, va spartito con Anthony Burgess, autore, nel 1962, del romanzo da cui è tratta la pellicola. Scrittore dal genio corrosivo, provocante, è per lo più scomparso dal contesto editoriale italico. Come mai? Preferiamo gli obbedienti e i lacchè, è probabile.

Uomo, scimmia assassina. La parola a Kubrick

Era assolutamente necessario dare rilievo alla brutalità di Alex, altrimenti, credo, ci sarebbe stato il rischio di una confusione morale nei confronti di ciò che il sistema punitivo metteva in atto contro di lui. Se egli fosse stato dipinto come meno malvagio, lo spettatore avrebbe potuto dire “Oh, sì, certamente non si dovrebbe infliggere un simile condizionamento psicologico ad un individuo; è tutto così orribile e lui non era così crudele dopotutto”. D’altro canto, quando si mostra Alex commettere azioni così brutali e si riesce comunque a cogliere la profonda malvagità di quella parte del sistema che tenta di trasformarlo in qualcosa di meno che umano per renderlo più buono, a quel punto credo sia chiara l’idea fondamentale del libro.

È necessario che l’uomo possa scegliere tra bene e male e che ci sia il caso in cui egli scelga il male. Privarlo di questa possibilità di scelta, significa renderlo qualcosa di inferiore all’umano – un’arancia meccanica appunto. […]

Non esistono prove certe che la violenza rappresentata nei film o alla televisione sia causa di violenza sociale. Focalizzare l’attenzione su questo aspetto della violenza significa ignorare le cause principali, che vorrei elencare come: 1. Peccato originale: punto di vista religioso; 2. Ingiusto sfruttamento economico: punto di vista marxista; 3. Frustrazione emotiva e psicologica: punto di vista psicologico; 4. Fattori genetici basati sulla teoria del cromosoma Y: punto di vista biologico; 5. Uomo, scimmia assassina: punto di vista evolutivo.

Tentare di attribuire ogni responsabilità all’arte come causa di vita rappresenta una soluzione sbagliata della questione. L’arte consiste in un rimodellamento della vita, ma non crea, né è causa di vita in sé. Inoltre, l’attribuire potenti e suggestive capacità al cinema è contrario all’affermata conclusione scientifica per la quale, anche dopo una profonda ipnosi, in uno stato postipnotico, l’uomo non riesce a compiere atti contrari alla propria natura.

Stanley Kubrick

* Articolo concesso gentilmente da Davide Brullo – tratto da “L’Intellettuale Dissidente”