La Mia Zia Getta

di Simonetta Tavanti

Zia Getta, così la chiamavamo noi in famiglia. Non so come nacque questo diminutivo, se da noi bambini (i suoi nipoti) perché il nome Giulietta era troppo difficile da pronunciare o da mia madre Eugenia, sua sorella, che usava chiamarla con vari nomignoli affettuosi.

Simonetta Tavanti-con-zia-Giulietta Masina

Ecco le sorelle: Giulietta la grande, l’attrice, quella importante, Eugenia, mia madre, donna di carattere ma anche molto affettuosa, molto mamma che, da donna in carriera (cosa sorprendente per quegli anni), quando nacqui io, si trasformò in casalinga e grande cuoca. Poi la piccola con il suo gemello Mario, Mariolina “la signorina” un po’ viziata. Mia madre era il centro delle sorelle che spesso venivano a casa nostra, chi per confidarsi, chi per un consiglio o anche solo per prendere un caffè. Giulietta da casa sua veniva a piedi, da via Margutta al Flaminio, che non era poi così vicino, era una grande camminatrice, le piaceva, era il suo modo per scaricare tutte le tensioni e, allo stesso tempo, per tenersi in forma. Giulietta ha avuto un solo figlio, “Pierfederico”, vissuto solo pochi giorni dalla nascita, poi non ne ha potuti più avere per le conseguenze del parto drammatico avvenuto in casa in tempo di guerra. Fu un grande dolore anche perché lei era molto materna, sarebbe stata un’ottima mamma. Mariolina non ha avuto figli. Mario ha avuto due maschi, Attilio e Massimo (morto in giovane età), ma vivevano a Ferrara e quindi si vedevano raramente con zia Getta. Mia madre Eugenia ha avuto me (Simonetta) e Roberto, quindi io sono l’unica nipote femmina del ramo Masina, perché poi c’è Francesca, nipote acquisita Fellini, ma anche lei lontana in quanto residente a Rimini. Questo per dire che io sono stata la più vicina a lei nel bello e nel brutto. Ho tantissimi ricordi. Molti anche lontani nel tempo. Quando nel 1958 il film “Le Notti di Cabiria” vinse l’Oscar, nella categoria “Miglior Film Straniero, io con i miei genitori andai a prendere zia all’aeroporto. Ricordo (a quei tempi si poteva andare in pista con un permesso) lei al finestrino sorridente con l’Oscar in mano: il suo viso e l’Oscar nel piccolo oblò – immagine stupenda stampata ancora perfettamente nitida nella mia memoria – quando scese me lo dedicò. Zio Federico non era andato, non amava viaggiare e per di più non credeva che glielo avrebbero dato.

A proposito di viaggi, a differenza di Federico a lei piaceva molto viaggiare, per cui quando sono stata libera dalla scuola ho cominciato a viaggiare con lei. Parigi, Amsterdam poi l’Argentina ed il Brasile, viaggi stupendi ma, oltre alla bellezza dei posti, quello che più mi colpiva era l’amore che gli manifestavano i suoi fan. Come uscivamo dall’albergo veniva circondata, tutti volevano foto, autografi, un tifo da stadio. Non ero abituata, in Italia non succedeva, raramente veniva fermata, lei qui era la moglie di Fellini più che Giulietta Masina, l’attrice. All’estero, specie in Sud America, è ancora molto amata, a volte anche più di Federico.È stata la mia seconda mamma, avrebbe voluto prendermi a vivere con lei come anni prima sua zia Giulia fece con lei, ma io ho preferito restare con la mia famiglia pur andando a trovarla ogni qual volta era possibile. Era una grande consigliera, ricordo un giorno di crisi con mio marito, mi confidai e lei mi disse, “i grandi amori si pagano, si lotta per loro ma si pagano sempre se sono grandi”, ecco, il loro amore, quello di Giulietta e Federico, molti lo hanno dipinto e raccontato falsamente, al solo fine di tentare uno scoop con il quale racimolare denaro facile. Di solito sono stati fidi nullafacenti, “amici” di Federico che quando era in vita facevano finta di lavorare per lui, poi, morta la “gallina dalle uova d’oro”, hanno cominciato con memoriali, libri, opere teatrali, legandosi al carro di numerose attricette che proclamavano il loro grande amore contraccambiato per Federico. La realtà è un’altra. La realtà è che Giulietta e Federico hanno vissuto un grandissimo amore che ha resistito a tutte le intemperie! Un rapporto lungo, complesso, a volte difficile come lo sono soltanto le storie d’amore vere. Uno aveva bisogno dell’altro, Giulietta non è sopravvissuta a lui come lui non sarebbe sopravvissuto a lei. Giulietta era la sua aria, era terrorizzato al pensiero di perderla. Le lettere fanno capire quanto Federico l’amasse. Quella che inizia con “ancora un bacetto prima di addormentarmi…” è la lettera che Giulietta trovò sul comodino di zio in ospedale a Zurigo, la mattina quando andammo e lui era ancora in sala operatoria. Ho detto “andammo” perché lo zio Federico volle che andassi anche io a Zurigo per non lasciare sola Giulietta mentre lui era ricoverato. Ecco Federico, sempre preoccupato per Giulietta e lei per lui, lei la mamma, lui il figlio… Mi fermo, per dire veramente chi era Giulietta non basterebbe un libro, generosa, affettuosa, solare, curiosa, colta senza farlo pesare, altruista, l’amica della porta accanto… Racconti infiniti per definire una Gelsomina che, quando occorreva, era anche un po’ Zampanò.