I Quaderni Ritrovati 

di Mario Gerosa 

GUIDO-GEROSA

Mio padre amava il cinema visceralmente. Se vado a ritroso con la memoria e cerco di ricostruire i riferimenti di questa sua grande passione, emergono dei titoli e delle situazioni. Il suo film preferito era Quarto potere. Di questo sono quasi sicuro: era il film che sentiva più vicino, lo adorava. Come adorava Orson Welles. Altri film mi ritornano alla memoria in ordine sparso. Alcuni sono lampi nella memoria, altri si legano a situazioni ben precise. Ricordo che da bambino mi aveva portato a vedere Ombre rosse, in cineteca, poi alla televisione avevamo visto più volte L’angelo azzurro, e poi mi parlava spesso di Casablanca. Adorava anche Humphrey Bogart. Tanti film ricordo che li citava spesso: i western di Howard Hawks, per esempio. E poi Il silenzio è d’oro, Il gattopardo, Viale del tramonto, L’occhio che uccide, Lo sceicco bianco, Ossessione, Senso, Il falco maltese, La regola del gioco, Miracolo a Milano, Ladri di biciclette, Il grande caldo, La corazzata Potemkin, Deserto rosso, Blood simple, Les enfants du paradis, I cavalieri del Nord Ovest, 8 e1/2, La grande illusion. Tanti nomi che si affollano nella memoria, a definire, a posteriori, i capisaldi di una passione che aveva poche riserve per generi e stili.

Il Corsaro Nero di Sergio Sollima

Ricordo anche che andava al cinema l’ultimo giorno dell’anno: era una tradizione. E un 31 dicembre vidi con lui Il corsaro nero di Sergio Sollima.

Ho parlato tante volte con lui di cinema: gli avevo chiesto se preferisse Fellini o Pasolini, e credo avesse risposto Fellini. Abbiamo parlato a lungo di Visconti, di Antonioni, di Godard. E vorrei chiedergli ancora tante cose, su registi e attori.

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In qualche modo, hanno supplito a questo desiderio di continuare il dialogo i quaderni in cui, dall’età di sedici anni, iniziò a scrivere recensioni dei film che andava a vedere. Recensioni inizialmente scritte per sé, e poi, più tardi, commissionate dai quotidiani, come La Provincia di Como e La Notte.

Ho ritrovato questi quaderni nella casa di campagna, in Brianza, dove trascorse la giovinezza, dopo essere stato sfollato da Fiume.

Me lo immagino affrontare lunghi percorsi anche a piedi, fino a Erba se non a Como, per andare a vedere un film. E poi recensirlo minuziosamente nei quaderni.

Anni dopo, iniziò anche a collaborare con le più prestigiose riviste dedicate alla settima arte: Cinema, Bianco e nero, Rassegna del film, Schermi, Filmcritica, Ferrania. Sicuramente, se avesse voluto, avrebbe potuto seguire la vocazione della critica cinematografica. Prese un’altra strada, e divenne un grande inviato speciale, direttore di importanti testate, e scrittore, riservando però sempre uno spazio importante alla passione del cinema. Una passione che vive ancora in quei quaderni ritrovati.

Hola

Mario Gerosa – BIO

Sono figlio d’arte.
Dal 1958 la mia famiglia si occupa di giornalismo.

Giornalista professionista, ho lavorato per più di vent’anni in Condé Nast, come caporedattore di AD e di Traveller.

Poi, dato che mi piacciono i cambiamenti, mi sono cimentato con l’Ufficio Stampa. Nel frattempo ho scritto una ventina di libri, tra saggi e romanzi.

La specializzazione è utile ma noiosa. Mi piace capire come si possono comunicare cose molto diverse tra loro. E così tra i miei clienti ci sono un grande organizzatore di eventi che temporaneamente si è reinventato come allevatore di lumache chic, un’azienda di banchi frigo ecosostenibili, e KULTURA/OWW, un luogo virtuale dedicato all’arte, con 80mila gallerie e una superficie 660 volte più grande di quella del Louvre.

Guido-Gerosa_3_foto-con-Robert-Taylor

Ha iniziato mio padre, Guido Gerosa (qui con Robert Taylor) e ora continuiamo la tradizione io e mio fratello Alberto.

Sono ossessionato dal Grand Hotel de Balbec, protagonista della mia tesi in architettura sui luoghi di Proust, ho scritto il primo libro pubblicato in Italia su Second Life, ho inventato un’agenzia di viaggi per tour nei mondi virtuali, ho scritto due art thriller, uno dei quali arrivato in finale a un concorso letterario internazionale, ho curato la prima mostra mondiale sull’arte di Second Life, allestita al Museo di Storia Naturale di Firenze, raccolgo vecchie cartoline di alberghi, modellini Airfix e colleziono progetti.

Hola

C’è sempre un domani, nonostante tutto.

di Roberto Lasagna

Una raccolta degli scritti sul cinema di Guido Gerosa, grande giornalista e scrittore il quale, sin dagli anni dell’immediato secondo dopoguerra – frequentati da ideologie prevaricanti -, seppe smarcarsi e coltivare l’arte della recensione cinematografica con il gusto personale di un osservatore-viaggiatore, difendendo punti di vista aperti e in grado di comprendere i tempi. Stile, competenza, sguardo ampio, cultura senza steccati, per una scrittura calda e mai pedante, propria di un conoscitore del suo tempo in grado di coinvolgere il lettore, appassionandolo, per indirizzarlo in una rigorosa lettura come visione, scelta di campo, introduzione al conoscere attraverso il cinema.

Guido Gerosa in Africa

Nemmeno maggiorenne, Guido Gerosa, classe 1933, iniziò ad appuntare minuziosamente le sue recensioni sui suoi taccuini, e questo libro documenta quei primi scritti inediti, testimonianza dell’incontro tra una mente fertile e il maggior mezzo di comunicazione culturale dell’epoca. Sin dai precoci esordi, sorprende come egli sapesse rivolgersi al potenziale lettore per aiutarlo a formarsi un giudizio, in un’adesione sentita agli eventi che coinvolgevano tutti. Ed è impressionante riconoscere come Gerosa comprese quello che molti altri non riuscivano a percepire con uguale vibrante pienezza.

Uno dei quaderni di Guido Gerosa

In questo primo libro (cui seguirà un secondo) possiamo già ammirare spunti e pagine di precoce giornalismo, una professione un giorno vissuta con la stessa fede per l’esperienza del vero degli esordi; Gerosa, attraverso l’argomento cinematografico, filtra il presente offrendo una prospettiva in grado di darsi quale testimonianza autorevole anche e soprattutto per i giovani lettori sempre alla ricerca di un orientamento tra le opere dei cineasti. Un dialogo tra il giovane critico e il lettore, con i doni della musicalità, della chiarezza e di una naturale raffinatezza, per incorniciare ogni film in un divenire disposto a riflettere una prospettiva precisa e personale del proprio tempo. Gerosa non si dedica a lapidarie sentenze, ma accoglie l’aspetto interessante, anche in un film meno riuscito. E sa guardare al valore, portarlo alla luce, interpretare la coerenza come risultato armonico di un discorso e mettere in primo piano anche il coraggio. Così, l’opera faro del neorealismo cinematografico, Roma città aperta, è per l’autore una delle più ricche di verità umana, di potenza espressiva, di poesia. Sono le qualità stesse che non soltanto il cinema, ma anche il giornalismo, dovrebbero sempre possedere, caratteristiche puntualmente rintracciate dalle analisi dei film ad opera di Gerosa, animate da passione civile e vibranti di un respiro disposto a lasciar emergere, con gusto poetico, aspetti che un film è in grado di restituire. Roberto Rossellini è accolto come l’artista incline per temperamento a certi eccessi di dannunzianesimo ma che in Roma città aperta seppe dimenticarli “per creare un mondo di ansie, di passioni, di sopite speranze: il più vero che fosse mai apparso nel cinema italiano”. E in questo neorealismo, Gerosacoglie l’arte nuova che dona vera umanità al percorso di un artista, come Rossellini (ma non soltanto lui), il quale si smarca dalla letteratura realista e guarda al nuovo cinema come a un regalo del futuro. Una maturazione che è qualcosa di atteso e auspicato, strettamente legata al discorso portato avanti dal cinema ma che in Gerosa si declina presto in attitudine di metodo, di cultura, quale rincorsa alle ombre, secondo la sua splendida definizione di giornalismo, per lui “appassionante, illudente e deludente” ma anche la sola “forma di poesia rimasta al nostro tempo”. Una poesia che deve essere ricercata, inseguita, nei servizi giornalistici e nei racconti cinematografici, e che ritroviamo nelle descrizioni del critico, in grado con originalità di cogliere definizioni ancora oggi emblematiche dei protagonisti dei molti film analizzati, tra cui, propriamente, quelli del rosselliniano Roma città aperta: “figure evocate da una fantasia creatrice ed elevate nella sfera della poesia: quella popolana, così immediata nei suoi affetti, sincera e dolorosa; il prete che condivide il tormento dei suoi fratelli, pure chiede a Dio perdono di aver maledetto quegli altri, espressione di una fede non ipocrita ma luminosa; e Manfredi, il martire, presago del suo destino; e Marina, tragica creatura che, nelle sue apparizioni, vive tutto un dramma interiore”.

Roma Città Aperta – Anna Magnani

Elegante, articolato, intenso, il quadro di riferimenti che Guido Gerosa restituisce con i suoi scritti possiede un gusto letterario calato in profondità: scandaglia un itinerario di domande ai film e le replica al lettore. L’autore va alla ricerca di una verità prediletta nei toni della poesia, riconosciuta nell’esempio di alcuni maestri: tra tutti, quelli americani e quelli francesi. In questa raccolta di meditazioni attente, spicca, tra gli altri, il magistrale brano Poetica e poesia di Chaplin in Limelight”, in cui Gerosa introduce alla poetica chapliniana lasciandoci comprendere molto bene le scelte e il dramma del personaggio. Il critico dipinge con note sapienti ipotesi di risposte a interrogativi, tra cui “cos’è la vita, per Chaplin?”, e invita a pensare come la grandezza delle scelte del personaggio, e insieme il suo dramma, siano racchiusi in questa definizione gerosiana così vibrante e umana della condizione di Calvero: È il seguire il dettame della nostra coscienza, superiore al vano brillare delle stelle od alla luce del sole priva del pensiero”. Un’interpretazione dell’esistenza dell’artista interpretato da Chaplin il quale, sul finir della vita, sente di non poter accettare il sacrificio (l’amore) a cui l’amata Therry si dice disposta. Ultimo gesto che regala al film il grande pathos che Gerosa e lo spettatore gli riconoscono. Ma questa, come altre analisi contenute nel libro, sono tra le numerose gemme di una scrittura da riscoprire, da portare oggi a nuova luce.

Limelight_Claire-Bloom-and-Charly Chaplin

Un percorso di incontri con film e cineasti ritrovati, laboratorio di riflessioni e dialettica che porterà Guido Gerosa a scrivere, giovanissimo, sul quotidiano La provincia per incontrare nel 1952 il primo vero incarico per il giornale La notte, cui farà seguito nel 1964 la nomina di corrispondente dagli Stati Uniti per Epoca dove potrà intervistare Martin Luther King e il senatore Bob Kennedy.

La sua luminosa carriera di giornalista e scrittore (nel 1968 Guido Gerosa lascerà Epoca e sarà assunto all’Europeo diretto da Enzo Biagi, inoltre scriverà molti articoli di cinema e di costume per Gente e sarà vice-direttore de Il giorno fino al 1994), la sua passione viva per la storia e i suoi protagonisti (con molti libri e saggi divenuti dei modelli), trova le sue premesse di freschezza e intensità anche nelle pagine delle recensioni raccolte nel presente volume, dove il racconto in successione dei film si propone come un romanzo del proprio tempo. Una stimolante collezione di punti di vista in cui si ritrovano, immancabili, gli amati John Ford e John Huston, la concezione moderna secondo cui i “personaggi di un’opera sono sempre immagini di uno stato d’animo del loro autore” (proprio così inizia la recensione de La fonte meravigliosa– regia di King Vidor con Gary Cooper), l’attenzione per quei narratori – tra i quali, ad esempio, Delmer Daves – in grado di valorizzare aspetti storici e di cogliere la psicologia dei personaggi femminili. Ma il libro racchiude in pagine profonde anche il riconoscimento del valore di umanità tributato ad alcuni autori del cinema italiano, al confronto con altri cui difetta, secondo il giovane critico, una prospettiva condivisibile, al di là del sensazionalismo più o meno dominante. Un viaggio tra gli esiti espressivi del cinema dei vari paesi, dove la scrittura di Guido Gerosaconserva tutta la modernità del suo sguardo, l’elevatezza di una misura frutto di un’elaborazione personale e di una concezione poetica e comunicativa del cinema: forma d’arte in grado di sperimentare l’artificio, di aprirsi alla dimensione simbolica e lasciare nel giovane critico i prodromi di quell’attitudine eclettica che il giornalista e scrittore maturo sperimenterà, senza preclusioni geografiche e senza pregiudizi, regalando pagine memorabili già finemente anticipate dai suoi esordi. Osservazioni e punti di vista che assumono molto presto una forma elegante, coerente, matura. E quello di Guido Gerosa è sempre un racconto alto e coraggioso, ma rispettoso, dichiaratamente personale, in cui il giovanissimo critico prende posizione e si scopre aperto a nuovi orizzonti, gli stessi che la sala cinematografica e il giornalismo restituiscono a una mente curiosa e generosa, l’indomani dei tremendi conflitti e nell’euforia di un nuovo futuro.

La fonte meravigliosa di King Vidor_Gary Cooper

Roberto Lasagna – BIO

Saggista e critico, è stato per quindici anni tra i collaboratori della rivista “Duellanti” ed è tra i fondatori della casa editrice Falsopiano. Laureato in Filosofia con una tesi in Estetica del cinema, è autore di brillanti saggi sul cinema e sui registi, tra i quali: Martin Scorsese (1998), America perduta. I film diMichael Cimino (1998), Wenders Story. Il cinema, il mito (1998), Russ Meyer (2000), Al Pacino (2000), Lars Von Trier (2003), Steven Spielberg (2006), I film di Dario Argento (2009), Walt Disney. Una storia del cinema (2011).

Hola