Il “Paparazzo” Riminese amico di Fellini

La Biblioteca Gambalunga è il luogo ove è intessuta l’ombra della comunità riminese. Non vi è la sua realtà rumorosa schiacciata nel presente, ma l’impronta che ha lasciato nel tempo. E in queste sale popolate dalle voci dei libri, dalle carte della comunità, si è formato, in una stratificazione secolare, uno straordinario archivio di oltre un milione di fotografie, che rappresentano Rimini e il suo territorio, da metà Ottocento agli anni Duemila.

Biblioteca Gambalunga_sala700

Di rilievo particolare, le foto dell’imponente archivio di Davide Minghini (1915-1987), il fotografo che dal 1947 sarebbe divenuto il narratore visivo di Rimini. Il suo testimone. L’organizzatore dell’immagine della città: da quella pubblica a quella privata. Mingo, come lo soprannominò Federico Fellini, che con fiuto rabdomantico comprese che quel mite fotografo nelle immagini metteva la sua anima riminese, ne interpretava la sua affabulazione.

Ne fece il suo “paparazzo” riminese, quando il vero “Amarcord” fu messo in cantiere (1973). Il Maestro aveva bisogno delle letture visive di Mingo, perché sapeva che la fotografia ha il potere di evocare, piuttosto che dire. Guardare non è vedere, è un’attiva pratica dell’esistenza. L’immagine è un tracciato dello sguardo, che si nutre di supposizioni e immaginazione. Mingo venne dunque incaricato di riprodurre scorci di Rimini, dei suoi monumenti, il suo palazzo comunale, la sua fontana, le pavimentazioni e anche le facce cercate in un tour estivo per la Romagna. Documentò anche la ricerca delle voci per il doppiaggio. E poi Mingo venne invitato sul set di Amarcord a Cinecittà.

Di quella giornata rimangono 546 fotogrammi che ci rendono spettatori di un regista in scena che inventa, reinventa, recita una sceneggiatura, che è una partitura, e lui il sornione esigente direttore. Le prove sono quelle della scena dell’arrivo alla stazione del gerarca fascista nel giorno del Natale di Roma, il 21 aprile, con la parata lungo il Corso del paese. “Non siamo a Rimini”, ha scritto Sandro Bernardi, “ma nel cuore stesso dell’archetipo riminese più profondo”. Mingo legge per il Maestro che lo ha usato come specchio. Ma nel cuore dell’archivio di Minghini, giunto nel 1999 alla Gambalunga, del Maestro c’è molto altro ancora. Sono ben 626 i positivi, 1985 negativi e 11 le lastre, che raccontano ogni ritorno del regista alla città natale tra il 1958 e il 1987, le varie occasioni celebrative riminesi e le mostre a lui dedicate unitamente a servizi su e per i suoi film, le riproduzioni di Fellini da giovane, che tutti gli chiedono ogni volta che un suo film ha successo. Per “guardare” Rimini, bisogna allora cercarla fra le immagini che la seicentesca biblioteca cittadina gelosamente conserva, che sono però sotto lo sguardo di tutti, solo che si voglia interrogare il suo catalogo https://scoprirete.bibliotecheromagna.it/opac/.do .

Basta un clic, come quello della macchina fotografica.

Oriana Maroni

Direttrice della Biblioteca civica Gambalunga, ha curato mostre e pubblicazioni al fotografo Davide Minghini, fra cui si cita: Davide Minghini fotografo in Rimini. Immagini dall’archivio (2003), Davide Minghini (2007): fotografie dalla Romagna (1958/1963); ha studiato e ordinato la biblioteca di Federico Fellini, da cui è nato l’intervento “Io ero Ulisse”. Una biblioteca scritta sull’acqua presentato al Convegno internazionale “L’eredità di Fellini” (Rimini, 2002), ed a cui ha dedicato una mostra e una pubblicazione I libri di casa mia: la biblioteca di Federico Fellini (Fondazione Federico Fellini, 2008).